EMERGENZE IN SPAZI CONFINATI

Negli ambienti sospetti di inquinamento o confinati è fondamentale una corretta gestione delle emergenze. La formazione sul potenziale pericolo di asfissia ed intossicazione è indispensabile sia per gli operatori in ambienti confinati, sia per chi si ritrova a dover intervenire in soccorso di altri. È ben noto, infatti, che la maggior parte delle vittime in ambienti confinati sia ravvisabile proprio in coloro che intervengono per prestare aiuto, ritrovandosi a diventare vittime essi stessi.

La pianificazione delle emergenze dovrà, dunque, prendere in considerazione tutte le eventuali imprese presenti nell’area circostante l’ambiente confinato e le attività ivi svolte e si dovrà rendere disponibile e consultabile l’intera procedura agli operatori negli ambienti confinati, alle altre imprese ed agli addetti emergenze e agli addetti di primo soccorso. È importante sottolineare che il tempo a disposizione per un soccorso di successo è estremamente limitato: basti pensare che in soli 4 minuti il ​​lavoratore in un’atmosfera in carenza di ossigeno può perire a causa di asfissia.

In linea di massima si possono individuare tre tipologie di soccorso:

  1. autosoccorso: l’individuo che lavora all’interno dello spazio confinato deve essere in grado di riconoscere una situazione critica ed uscire autonomamente prima che la situazione gli impedisca di mettersi in salvo; in questo caso è necessaria una valutazione dei rischi ed una formazione specifica degli operatori;
  2. non ingresso in salvataggio: consiste nel sistema di recupero dell’operatore dall’esterno dell’ambiente confinato attraverso il sistema del “ cordone ombelicale”, Ovvero l’operatore è munito di un’imbragatura di salvataggio, ancorata ad una fune, una sua volta collegata ad un sistema di recupero, che viene azionato dall’operatore esterno. Normalmente questo sistema viene impiegato nei casi in cui, a seguito di bonifica dell’area confinata, sussistano ancora dei dubbi sulla pericolosità dell’atmosfera e prevede necessariamente il sollevamento verticale dell’infortunato (ovviamente tale sistema non può essere impiegato in casi in cui la conformazione dell’ambiente stesso non lo permetta, quando ad operare all’interno dello spazio confinato siano due operatori, o quando l’infortunato presenti un trauma cranico od alla colonna vertebrale;
  3. entrata in salvataggio: è un’opzione ultima che deve essere attentamente pianificata ed eseguita per evitare che lo stesso soccorritore divenga vittima. Prevede l’ingresso di un soccorritore all’interno dell’ambiente confinato per il recupero del lavoratore incidentato; il soccorritore deve essere consapevole dei rischi e della natura dell’ambiente confinato, deve essere dotato di tutti i dispositivi di protezione, soprattutto delle vie respiratorie, e deve rivalutare il piano di soccorso in occasione di eventi mutevoli nell’ambiente confinato. Per l’entrata in salvataggio è necessario prevedere all’esterno dei soccorritori di riserva che intervengano in caso di difficoltà del primo soccorritore, oltre ad eseguire un’adeguata ed accurata formazione dei lavoratori adibiti al soccorso.

Il piano di emergenza deve inoltre definire nello specifico:

  • il numero di persone che devono stazionare all’esterno dello spazio confinato con funzioni di sorveglianza / allertamento. Almeno una persona, con la funzione di sorveglianza / allertamento deve permanere all’esterno, senza mai entrare nell’ambiente confinato, e deve vigilare con continuità sull’attività in corso;
  • il numero di persone designate all’emergenza / salvataggio (proporzionale al numero di lavoratori operanti all’interno dell’ambiente confinato ed alla complessità delle operazioni di soccorso), che devono essere sempre reperibili e disponibili nei pressi del luogo confinato per poter intervenire tempestivamente in caso di necessità, qualora l’emergenza richieda un numero maggiore di soccorritori;
  • le modalità di allertamento della squadra di soccorso e degli enti di pubblico soccorso (118 e 112). È consigliabile, prima dell’inizio dei lavori nello spazio confinato, rendere nota la propria presenza ed il tipo di attività da svolgersi alla squadra di emergenza aziendale;
  • le attrezzature di emergenza necessarie, che devono essere disponibili nelle immediate vicinanze del luogo confinato, al fine di effettuare il soccorso. Esempi di attrezzature necessarie al salvataggio possono essere i dispositivi di allarme, la fune di salvataggio con moschettone di sicurezza, i dispositivi meccanici di recupero di persone prive di conoscenza, i mezzi di comunicazione tra interno ed esterno, il telo di scorrimento in pvc, l’equipaggiamento di primo soccorso ed il kit per la rianimazione, i dispositivi per la ventilazione, i dispositivi di monitoraggio dell’ossigeno o di rilevazione di agenti contaminanti, i dispositivi di protezione delle vie respiratorie, ecc.

Il piano di emergenza non è però sufficiente a garantire un soccorso efficace senza ulteriori vittime, in quanto le persone designate alla squadra di salvataggio devono disporre delle competenze idonee alle tipologie di emergenza previste, essere formate ed addestrate in misura adeguata, avere a disposizione ed essere addestrati al corretto utilizzo nonché indossare nella modalità corretta i dispositivi di protezione necessari all’ingresso nell’ambiente confinato. Il soccorritore deve spesso possedere delle competenze sanitarie di primo soccorso, oltre a competenze nell’uso di strumentazioni tecniche (per esempio per i monitoraggi sulla qualità dell’aria e sulla presenza di agenti chimici contaminanti).

Oltre a prevedere i possibili scenari e le rispettive misure di soccorso da porre in essere nello specifico, il piano di emergenza deve descrivere le modalità di chiamata al SUEM (118) ed ai Vigili del Fuoco (112). Spesso, infatti, la situazione di panico non permette a chi chiama di fornire le esatte indicazioni per attivare il soccorso, oppure vi possono essere più chiamate contradditorie; è necessario quindi precisare:

  • la persona incaricata alla chiamata, la quale deve essere a conoscenza dei rischi presenti nell’ambiente confinato per dare le adeguate indicazioni;
  • gli elementi minimi da comunicare durante la chiamata, ovvero nome dell’azienda, luogo ed indirizzo del sito da raggiungere, il proprio nome ed il numero dal quale si chiama, la tipologia di incedente in corso (utile sarebbe indicare se e quali sostanze chimiche pericolose possono essere presenti), nonché il numero di lavoratori coinvolti.

Un buon piano di emergenza deve avere le seguenti caratteristiche:

  • deve essere unico, chiaro e non deve offrire delle soluzioni alternative per le singole situazioni di emergenza;
  • deve essere schematico, snello e di facile e celere lettura;
  • deve analizzare tutti i possibili scenari incidentali e fornire le indicazioni sulle modalità per un intervento in piena sicurezza;
  • deve prendere in considerazione le possibili sostanze chimiche presenti ed i rischi associati ad esse;
  • deve essere reso conoscibile a tutti gli operatori e gli stessi modi devono essere puntualmente addestrati circa le da porre in essere per ogni singolo caso. La conoscenza degli operatori non deve limitarsi ad una semplice lettura delle procedure descritte, ma deve essere sempre correlata da una pluralità di prove pratiche per ridurre le incertezze nel soccorso e le possibilità dimenticanze, come ad esempio l’uso dei DPI.